Usi e Costumi – Cucina
Un grande insaporitore
Il gastronomo
Vincenzo Buonassisi
è un grande
sostenitore delle
pietanze insaporite
col peperoncino
In tutto il mondo e presso tutte le civiltà, il peperoncino si è sempre affermato come grande insaporitore delle pietanze. La sua utilizzazione in cucina non ha limitazioni. Sta bene dappertutto, anche nel brodo. Il principio che bisogna ribadire, è che il peperoncino esalta i sapori. Un gastronomo di chiara fama come Vincenzo Buonassisi (nella foto) afferma con sicurezza: “Il nostro peperoncino può stare divinamente su qualsiasi sugo, in qualsiasi intingolo“. In passato si utilizzava il peperoncino anche come conservante naturale. Oggi questo uso non c’è più, vista la crescente diffusione dei frigoriferi. Una curiosità riguarda l’Ungheria, dove la polvere di peperoncini dolci, la Paprika, viene utilizzata soprattutto per dare colore e addensare piatti brodosi come il famosissimo Goulash.
Congelato nel freezer
con aromi e profumi
Tutti i metodi per conservarli
Le collane. E’ il sistema più diffuso in Calabria. Si infilano dai gambi con ago e filo e si fanno seccare al sole. Arredano con colore la cucina e sono sempre pronti all’uso.
Congelato. Il modo migliore per conservare il peperoncino è senza dubbio nel freezer. Mantiene intatta la piccantezza e anche il profumo e gli aromi. Quando non c’erano i frigoriferi esistevano vari metodi di conservazione.
All’acqua col sale. Appena raccolti i peperoncini vengono messi in vasetti con uno spicchio d’aglio, foglie di menta e molto sale coprendo tutto con acqua. Sono ottimi come condimento e si sposano con piatti di carne. E’ un metodo usato solo in qualche località della Calabria.
In conserva col pomodoro. Si mettono in pentola, assieme, peperoncino e pomodori. La proporzione è 4 a 1, cioè quattro parti di peperoncini e una parte di pomodori. Si fanno bollire assieme e si tolgono dal fuoco quando i pomodori sono cotti. Si passa tutto nel passaverdura e si stende la conserva in un grosso piatto lasciandola seccare per mezza giornata. Infine bisogna sistemarla nei vasetti con sopra un filo di olio. Basterà un cucchiaino di questa conserva per insaporire i sughi, le salse e ogni tipo di pietanza.
Peperoncini sott’olio. Si conservano bene sott’olio sia freschi appena raccolti, sia secchi. A proprio gusto interi o spezzettati. Dopo una quindicina di giorni l’olio diventerà rosso e potrà essere utilizzato.
Olio santo. Così viene chiamato in Calabria l’olio al peperoncino. Per prepararlo ci vogliono 50 gr. di peperoncini per ogni litro di olio. Il procedimento è semplice. Si sciolgono accuratamente i frutti, si fanno asciugare al sole per 3/4 giorni senza seccarli completamente. Tagliati a pezzetti si fanno macerare nell’olio per 30/40 giorni. Alla fine, filtrare facendo attenzione che non ci siano residui di peperoncino che potrebbero ammuffire. Unica raccomandazione: l’olio deve essere extra vergine e di prima spremitura. Un solo consiglio: consumarlo entro tre, quattro di mesi dalla preparazione e soprattutto non rimboccarlo man mano che si consuma. A contatto con il peperoncino l’olio aumenta di acidità e provoca disturbi allo stomaco.
Sotto aceto. Fare asciugare al sole per una giornata i peperoncini appena raccolti. Sistemarli nei vasetti e coprirli di aceto. L’aceto si insaporirà e potrà essere utilizzato lasciando i peperoncini nei barattoli. Con l’aceto si ravvivano piatti di patate o legumi lessati. I peperoncini sono ottimo “accompagnamento” per bolliti.
La preparazione
in casa…
divertente e sicura
Il prodotto più consumato al mondo è senz’altro la polvere di peperoncino. Si attesta intorno all’80% del consumo totale. La polvere infatti si utilizza con facilità, si cosparge sulle pietanze e serve per condire tutto: salse, salumi e ortaggi. Si tratta di un prodotto facilmente alterabile che si presta a truffe di ogni genere. Il consiglio dell’Accademia è quello di preparalo in casa. Non è cosa difficile, possono farlo tutti. Bastano le poche regole indicate di seguito.
A fine agosto o agli inizi di settembre, acquistare i peperoncini rossi scegliendoli accuratamente. Per essiccarli, basta riunirli in mazzetti ed esporli al sole, avendo cura di metterli all’ombra, se il sole è particolarmente caldo. Non essiccarli mai nel forno perché una temperatura superiore a 70° C ne altera la qualità e distrugge tutte le vitamine che sono termolabili. Il metodo migliore è quello calabrese: essiccazione al sole e poi un rapido passaggio nel forno non molto caldo. Quando sono ben secchi si possono polverizzare in un frullatore oppure a mano in un macinino o in un mortaio. Meglio il mortaio che assicura una polverizzazione anche dei semi.
Dall’India alla
Calabria, mille
leccornie “infuocate”
Leccornie piccanti
In tutto il mondo esistono salse piccanti, quasi tutte a base di peperoncino e quasi tutte originarie della cucina indiana. Innanzitutto il Curry. Una salsa di cui ci sono un centinaio di varianti, tutte col peperoncino piccante come protagonista. Il termine Curry, che è una inglesizzazione dell’indiano Karr, significa propriamente “salsa” ma in Europa ha finito per indicare genericamente tutto ciò che di speziato e piccante proviene dalla tradizione indiana. C’è da precisare subito che il Curry che troviamo da noi non ha niente a che vedere con la tradizione indiana: è una “invenzione” destinata agli occidentali e quasi un souvenir per i coloni inglesi che ritornavano in patria. Poi il Tabasco, una salsa piccantissima a base di peperoncino, aceto e sale.
Gli inglesi hanno diffuso in tutto il mondo il Ketchup, una salsa di pomodoro con spezie e moltissimo peperoncino. Nel panorama del piccante “made in Inghilterra”, una menzione a parte merita la Worcester sauce una salsa piccante di cui, ancora oggi non è del tutto nota la ricetta. Ci vogliono: aceto, soia, melassa, acciughe salate, aglio, cipolla, scalogno, naturalmente molto peperoncino piccante. Non bisogna dimenticare il Berberè originario dell’Etiopia e dell’Eritrea. Per farlo è necessario peperoncino piccante, zenzero, cardamono, coriandolo, fieno greco, aglio e spezie. L’Harissa, viene dal Nord Africa. Si prepara con peperoncini di Cayenna ammollati in acqua, pestati col sale e conservati con olio di oliva e aglio.
Le leccornie
del Centro e del
Sud Italia
La tradizione italiana
In Italia l’utilizzazione del peperoncino in cucina varia molto da regione a regione. Più diffuso sicuramente al Centro e al Sud, meno amato al Nord. Scendendo nei particolari, il Veneto, le Marche e l’Umbria lo conoscono molto poco. Qualche specialità piccante c’è nella cucina della Lombardia, del Friuli, della Liguria, dell’Emilia Romagna, della Sicilia e della Sardegna. Sul lago di Como è famosa la zuppa di pesce alla tremezzina; si fa con vari pesci del lago fritti e passati in un brodo di pomodoro, verdure, vino bianco, zafferano e peperoncino piccante. Genova e la riviera, una volta transito obbligato per le spezie d’Oriente, danno oggi credito solo agli aromi mediterranei: aglio, basilico, rosmarino ma niente peperoncino. L’Emilia Romagna dà credito al piccante solo per la salsiccia matta, un salame fatto con carni di scarto macinate e insaporite con aglio e peperoncino. In Sicilia il Capsicum fa capolino nelle olive schiacciate e negli spaghetti alla siracusana, una variante degli spaghetti aglio, olio e peperoncino con in più il prezzemolo, le olive nere, i filetti di acciughe e la mollica di pane. In Sardegna c’è solo la cassola, una zuppa fatta con almeno dodici varietà di pesci cotti col pomodoro, aglio, olio e molto peperoncino. Più piccante è la cucina laziale e campana. A Roma troviamo polli e abbacchi alla cacciatora con aglio, rosmarino e peperoncino; le ciriole alla fumarola, anguille cucinate alla cacciatora, le lumache alla romana, gli spaghetti alla gricia, le zucchine marinate e la famosa pajata, budelline di vitello con abbondante peperoncino. Nei castelli romani molto diffuse le coppiette. A Napoli e in Campania numerosi sono i «piatti infuocati». I fagioli alla carrettiera, i friarelli, gli spullecarielli, la zuppa di pesce alla napoletana e la zuppa di soffritto. Soprattutto le salsicce di bufalo di cui era ghiotto Umberto I. Sono fatte di carne di bufalo, tacchino e grasso di maiale con semi di finocchio e peperoncino. Un discorso a parte meritano il Trentino Alto Adige e il Friuli Venezia Giulia, dove di piccante ci sono solo i gulash, infuocati spezzatini di carne, testimonianza isolata della dominazione asburgica in queste regioni. Buona la presenza di peperoncino in Toscana.